La vita. Amica. Me lo insegni tu.

*Copio incollo qui. Da un mio post di Facebook. Perché l’amore per te deve “girare”. (E tu non hai mai avuto Facebook. Sega che sei…)

Ho perso la mia più cara amica a 46 anni, con due figli dell’età delle mie; leggo post dedicati a donne, amiche, colleghe e madri andate via troppo in fretta… Sono diventata mamma tardi, sono diventata grande adesso… E penso. Penso che non sta scritto da nessuna parte che una vita lunga ci sia dovuta e data, penso che ci crediamo onnipotenti, quasi eterni, arrabbiati e indignati se moriamo prima – chessò – dei 70 o 80 anni… Non è così. La vita, la natura non guarda in faccia, non è cattiva o buona: la natura è. Allora voglio vivere, essere felice, serena, soffrire, amare, allevare, trasmettere, piangere, osservare, impegnarmi, sbagliare, cadere, perdonarmi, ridere, sognare, amarmi, perdonare, chiedere scusa, sentirmi fiera, mettermi in discussione, arrabbiarmi, amare, correre, riposarmi. Voglio vivere. E se domani non ci sarò più, annunciato o improvviso che sia, voglio solo essere certa di non aver giocato in ritirata, vissuto al risparmio, agito per paura, finto una vita che non è, vissuto relazioni false, fatto finta di niente, nascosto la testa sotto la sabbia, cercato vie comode. Questo io voglio. Questa sarà la mia strada piena di curve, salite, discese, questa sarà la mia storia. E la mia storia sarà un pezzetto della storia delle mie figlie, che non sta scritto da nessuna parte debbano avere una vita facile, in discesa, piena di bambagia, sarà un pezzetto della storia di chi mi ha amata e chi mi ama ora, di chi mi ha incrociata, sfidata, di chi mi è stata amica davvero, affrontata, confrontata, di chi mi ha insultato, ferito, di chi ha nascosto la testa, di chi ha voluto camminare anche solo un passo, autentico passo, accanto a me. Sarà quel che dovrà essere. Intanto io vivo. Vorrei campare cent’anni ma magari sarà solo un giorno. Ma non sarà un giorno sbattuto via. Tra errori e felicità.

Cose accadono. Io mi chiedo.

Voglio trovare un senso a questa sera, anche se questa sera un senso non ce l’ha…

Voglio trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l’ha…

Voglio trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha…

Voglio trovare un senso a questa voglia,anche se questa voglia un senso non ce l’ha…

Sai che cosa penso?

Che se non ha un senso

Domani arriverà…

Domani arriverà lo stesso

Senti che bel vento

Non basta mai il tempo

Domani un altro giorno arriverà…

Voglio trovare un senso a questa situazione, anche se questa situazione un senso non ce l’ha

Voglio trovare un senso a questa condizione, anche se questa condizione un senso non ce l’ha

Sai che cosa penso

Che se non ha un senso

Domani arriverà

Domani arriverà lo stesso

Senti che bel vento

Non basta mai il tempo

Domani un altro giorno arriverà…

Domani un altro giorno… ormai è qua!

Voglio trovare un senso a tante cose, anche se tante cose un senso non ce l’ha…

Vasco

E basta.

Così dev’essere

Da quando non ci sei più ci incontriamo periodicamente. Siamo in tanti, a volte dieci, a volte venti. Tutti diversi, adulti, giovani, bambini, animali, tutti uniti dall’amore per te.

C’è un sacco di movimento, c’è vita, mangiamo, beviamo, cuciniamo, ridiamo, scherziamo, ricordiamo, ci raccontiamo e piangiamo anche, a volte tanto. C’è spazio per ogni stato d’animo.

Questo è magnifico, questo è grazie alla tua forza, presente nella tua assenza.

Così dev’essere, tesoro, uniti per l’assenza, nella presenza. Così attraversiamo insieme, gli adulti guidano, i bambini osservano e imparano.

Con il bene che ti voglio. Sempre.

Tua Silvia

 

 

Sei in me (e a volte ridacchi)

Entro in punta di piedi in un luogo che era un po’ casa mia… Ho paura di fare baccano in questo blog, disturbare il silenzio del lutto, il dolore degli altri. Ma entro. Perché è (anche) qui che tutto è avvenuto. Questo blog non finirà. Non è finito l’1 febbraio 2016 con il tuo ultimo respiro. Non finirà ora. Perché tu non vorresti. Perché ci hanno letto in tanti e tanti hanno gioito e sofferto con noi. E non si abbandona la gente così. Forse si trasformerà. Non sappiamo ancora. Intanto eccomi qui. Comunque.

Eccomi qui a cercare parole dopo le parole struggenti trovate da Atena, eccomi qui a pensare e ascoltare me stessa e gli altri. E dunque…

E dunque ho capito che ci sono mille modi per soffrire e per dire addio o arrivederci, mille modi di attraversare il fuoco e la notte. Io l’ho fatto a modo mio, senza sapere come l’avrei fatto. L’ho fatto e lo sto facendo diversamente dalle altre “noi”, noi cinque. Diversamente da ognuno. A modo mio, come chiunque.

Non sono triste, non sono mai stata triste dal momento in cui hai respirato l’ultima volta quest’aria densa di vita. Ho pianto, molto. Ma non sono mai stata triste se non pensando a chi era ed è terribilmente triste per te. Ma io non sono triste. E’ strano. Ho pianto a dismisura accanto al tuo corpo senza più vita. Ti ho accarezzato e augurato buon viaggio. Ero straziata. Rassegnata alla tua impermanenza. Ma non triste. Vederti soffrire, quella era tristezza. Vederti arrancare, tu così coraggiosa e forte, quello era dolore. Ma sapere che sei altrove no, non è triste. Non ti ho perso. Sei con me. Sei energia, forma del mondo, sorrisi e occhi, parole e pensieri. Ci sei. Ci sei “contemporaneamente” e senza tempo. Ci sei tutta, bambina, ragazza, donna e vecchia. Sei senza tempo e sei in me. E tutto questo è accaduto all’istante. Che strana e dolce sensazione… All’istante…

Ed eccoti ora, molto prosaicamente, un elenco di cosa mi hai già insegnato in questi 15 giorni…

Sono diventata vecchia. Come te. Perché nonostante i tuoi anni non sei morta giovane. Sei morta vecchissima.

Nel momento in cui sei volata via ti sei portata via la mia parte leggera, ma improvvisamente mi hai donato coraggio. Sono uscita sull’aia di notte e ho ascoltato il vento. E ti ho sorriso

Ti sei portata via la mia leggerezza dei 12 anni. E quella dei 20. E dei 30. E l’allegria dei 40. Ma mi hai regalato la leggerezza della vecchiaia, che sa accettare, senza disperarsi più. Che sa guardare con un sorriso di rughe il sorriso di un bambino sapendo di aver già sorriso così, in un tempo lontano, ma che non sarà più possibile farlo in quel modo. Lo faremo insieme, in un altro modo. Sorrido a te amica, com pacata accettazione. Sorrido perché ho capito che tu ci sei. Ci sei in modo diverso. Ci sei in un sorriso anziano, non più fatto di bevute e discorsi, ma di silenzi condivisi. Ci sei. Nel vento e in me. Sono improvvisamente diventata vecchia. E va bene così.

Mi hai lasciato ricordi che non riesco più a decifrare uno alla volta. Arrivano tutti insieme e si sovrappongono, illeggibili ma potenti. Il passato, il presente e il futuro esistono adesso, in me. Non hanno più la stessa forma di prima, ma ci sono. Nuovi. Tu sei in me. Presente come non mai. Senza contorni precisi. Presente in ogni istante, presente in ogni istante di te, di me, di noi. Sei tutta in una volta, costantemente, serenamente. Sei in me.

Mi parli. Mi parli quando meno me l’aspetto e ora mi stai anche accarezzando. Mi parli e scuoti la testa, mi parli e mi incoraggi. Non ridiamo più insieme. Non discutiamo. Non brontoliamo. Ma mi parli. E io parlo a te. E’ un dialogo strano. Mentre guido sento che mi dici che sto facendo le cose bene e io te le racconto senza parlare. Mentre sto per addormentarmi mi dici di non preoccuparmi, che tutto è cambiato e nulla cambierà. Mentre osservo una persona e faccio pensieri sento anche quello che pensi tu di lei. Non che “penseresti”. Che pensi. Non ragiono “come se”, non mi chiedo cosa diresti. Ti sento viva in me. Sento la tua voce silenziosa che mi mette in guardia dal fare cazzate. Mi dici “proteggiti” ma me lo dici a modo tuo: sento che mi dici “fa balà l’oech”. Ecco, spesso parli in milanese. Che buffo. Ti vedo mentre scuoti la testa ridacchiando sorniona. Ti sento mentre sto con tua madre e tua sorella e mi sbeffeggi bisbigliandomi “ora son tutti cavoli tuoi”.

Sto imparando ad essere ordinata e a prendermi cura degli spazi in cui vivo. Non rimando a domani quello che posso fare oggi. Tu te ne accorgi. Ridacchi. Perché finalmente son diventata un po’ come te. Mi dici brava. E ridacchi. Spesso ridacchi. E ti commuovi. Pensando a noi che siamo qui.

E non lo so se ci proteggerai, non so se ti paleserai in un qualche modo, non so nemmeno se ti rincontrerò. Forse un giorno ci fonderemo nel vento parlando una lingua diversa, quella dei fiori e dei sassi. Forse. Non so se “ci sei esattamente”, ma so che ci sei. Io sono atea, non ho un paradiso o un dio. Ho le persone però, quelle che su questo mondo hanno lasciato un segno e sono diventate movimento senza tempo, energia che sta ovunque. E dunque so che lì ti posso trovare. Nel vento, nelle opere della persone che ti hanno amato, nell’erba che cresce, nei miei occhi, nel mio cuore. Continua a parlarmi a modo tuo. Continueremo ad essere amiche e sorelle, a lavorare insieme per quel che ci è concesso, per questo e in questo bizzarro mondo fatto semplicemente di esseri molto umani.

Grazie.
Tua Saida, un tempo detta Afrodite

Era il 24 luglio

Era il 24 luglio. Scrivevi dei tuoi pensieri, del tuo pensiero. Quello grosso, il più grosso e ingombrante. Quello relativo alla fine.
Ti rispondevo così.

“Fra tutti questo è il pezzo che più mi tocca.

Mi tocca in senso letterale, anzi mi violenta, mi borseggia dentro come un ladro frettoloso e assetato di monete in una casa non sua.

Mi fermo spesso a pensare in questi giorni a cosa sia la fine. Si perche un fottuto tumore, eh si, chiama a sè subito subito, quell’idea tanto “antipatica” di fine. E non puoi far finta di niente, eh. Ti si piazza li, come un filo di grasso di prosciutto crudo tra i denti. A volte sembra si sia levato e invece cazzo ce l’hai ancora li, tra molare e premolare. E con la lingua ci torni ad ogni istante per ravanare e provare a strapparlo via. Vano infruttuoso e un pò ridicolo tentativo. La faccia si contorce in una smorfia emiparetica. Quasi un sorriso, ma un pò più triste.

A cosa può somigliare la fine? Non lo so… chiudo gli occhi trattengo il fiato. Faccio questo esercizio diverse volte al giorno ultimamente. È così? Tutto nero? Tutto luce? Non lo so…non ci riesco proprio a pensarla … Non ci riesco non perchè manchi di immaginazione, figurarsi, ma per il solo dettaglio che se sei vivo non puoi pensare alla fine. Non puoi, è innaturale.

Si dice spesso che per non perdere il senso della vita bisognerebbe di tanto in tanto confrontarsi con la malattia con la morte con i problemi veri. Con la fine.

Ma ecco con sorpresa che ora che questo ospite inatteso ha messo le tende tra noi ci penso si alla fine, ma solo sforzandomi e questo non è che contribuisca più di tanto a rendere la mia vita migliore. Anzi, possibilmente mi paralizza lasciandomi senza fiato. Un pugno nel diaframma. Col cazzo che serve pensare alla fine.

Capisco ora con chiarezza che l’essere umano deve necessariamente essere programmato per non pensare alla fine. Lo è da un punto di vista ontogenetico, evoluzionistico. Questione di sopravvivenza della specie. Non potrebbe altrimenti.

Non ce la farebbe.

Sarebbe come morire pre – tempo.

Tutto te lo impedisce, perchè dentro di te, di noi, in ogni essere vivente, brucia l’unico combilustibile possibile: un’afflato, un logos, una spinta all’esisteza…il Dasein diceva Heiddegger.. l’esserCi.

Come distesa nella vasca da bagno immergo la testa sotto il pelo dell’acqua dei miei pensieri, resto li, in apnea, finché i polmoni non esplodono. Così a un certo punto riemergo dal pensiero della morte e prendo tutto l’ossigeno vitale che posso. Lo trovo in te amica, nei tuoi occhi, nel nostro parlare, nei tuoi gesti, nella quotidianita del separarci e del ritrovarci …. allora ci vediamo domani? Si certo tesoro a domani!

L’unica cosa che capisco, chiara e netta, è che vivere pensando alla fine è un improbabile, improponibile, impossibile ossimoro esistenziale.

E allora penso che molto, molto banalmente, ciò che ci è dato di fare, anche di fronte ad un evento biografico così potentemente critico e destabilizzante come un cazzo di tumore, è solo di vivere ogni istante con lo sfacciato obiettivo di fare tutto ciò che è in nostro potere per avere un’esistenza appagante. Con chi scegliamo noi. Come desideriamo noi.

La partita è questa.

La mano sta a noi.

La fine è nota.

L’adesso è il nostro asso. “

TI VOGLIO BENE ANCHE SE

Amica, queste sono le parole che avevo pensato per te ieri.
Le avrei lette come fossero una tua carezza ai tuoi cuccioli.
Le avrei lette dando voce alla tua voce e al tuo essere Mamma, una meravigliosa, immensa, calda Mamma.

 

TI VOGLIO BENE ANCHE SE (di Debi Gliovi)

Mini brontola, si sente

piantagrane e prepotente.

Getta i giochi, rompe abbatte

Grida strilla scuote e sbatte

Picchia spacca sfascia scassa

Sbraita strepita fracassa…

Finche Maxi entra e chiede:

<<O perbacco, che succede?>>

 

<<Sono un Mini piantagrane

E nessuno mi vuol bene!>>

Dice Maxi <<Mini mio, ma con te ci sono io! E lo sai ti voglio bene anche se….sei piantagrane>>.

Chiede Mini <<Anche se fossi

Un orsetto sbrana ossi? Mi vorresti ancora bene? E staremmo ancora insieme?>>

Dice Max << Certamente! Tra di noi non cambia niente: che tu sia un orsetto o no

Io per sempre ti amerò.>>

 

<<E se fossi un grande insetto?

Mi daresti ancora affetto?>>

Dice Maxi <<Certamente! Tra di noi non cambia niente, che tu sia un insetto o no

Io per sempre ti amerò.>>

 

Ride Mini più tranquillo

<<E se fossi…un coccodrillo?>>

<<Nel mio abbraccio forte e stretto

ti terrei andando a letto,

Coccodrillo oppure no

Io per sempre ti amerò.>>

 

<<Ma l’amore si consuma?

Se si scolla si riattacca?

Se si rompe, se si strappa

Poi si aggiusta, si rattoppa?>>

Dice Maxi: <<Non lo so.

Quel che penso io però

È che sempre ti amerò.>>

 

<<E se finisco io, e se finisci tu?

Allora anche l’amore non ci sarà più?

Oppure lui resiste?

L’amore sempre esiste?>>

 

Maxi prende Mini

tra il caldo delle braccia

E sulla notte immensa

Stringendolo si affaccia.

<<Guarda come brillano le stelle nella notte

Benchè molte di loro da tempo siano morte.>>

 

<<Finchè le stelle splendono nel cielo buio e nero

L’amore sarà vivo

Per sempre e per davvero.>>

Hai visto tesoro?

Hai visto tesoro quanti eravamo ieri al tuo saluto?

So che hai visto. Eri nel vento, nel cielo, nel sole, proprio quel sole che, magicamente, riscaldava l’entrata della chiesa dove ci siamo raccolti ad aspettarti.

Mi manchi da morire tesoro grande. Sento il dolore struggente e sento la tua presenza forte dentro di me. Vado avanti, andiamo avanti. Piano, piano, attraversando.

Io tuo bene, il mio bene, il nostro bene. Per sempre.

Tua Silvia

In memoria di te. 

Ciao tesoro, scrivere qualcosa è stato difficilissimo. 35 anni di ricordi e amicizia profonda sono complicati da mettere nero su bianco.

 

Il primo giorno che ti ho vista, per esempio, amica mia: indossavi una gonna di jeans, una camicetta con il colletto di pizzo, calzettoni bianchi in san gallo e un paio di ballerine di Armani, verdi, da fare invidia alle modelle. Avevi gambe infinite, capelli lunghissimi e un cerchietto di velluto. Eri seduta nel banco accanto al mio e con la disinvoltura di un angelo ti sei alzata in piedi con la mano tesa. Hai sollevato quel tuo sopracciglio che non perdona e con la tua strana erre hai detto “mi scusi, professoressa, potrebbe chiarire meglio la domanda?”. In quel preciso istante ho pensato che tu fossi assolutamente insopportabile. Più tardi ho capito che avevi solo un caratteraccio impegnativo. Era il 1980, primo giorno di prima media. Un mese dopo eravamo amiche per la pelle. Non ci siamo lasciate mai più.

 

Al mattino per andare a scuola: tu eri sempre in ritardo e ti dovevo aspettare davanti al portone, poi camminavi con certe falcate che ero io a doverti correre dietro, ma tu ti giravi e ti fermavi ad aspettarmi ridendo, ti spruzzavi il Ventolin per calmare quella tua fame d’aria e poi portavi anche il mio zaino, per fare più in fretta. Sei sempre stata un passo avanti al mio e mi hai aiutato a percorrere ogni strada.

 

Per me tu sei parte di quasi ogni ricordo che ho della vita. Vacanze memorabili e liti furenti, come quando ci azzuffavamo di santa ragione e con quelle tue mani giganti mi mettevi sempre al tappeto. Le stesse mani grandi che poi mi tiravano su mentre mi guardavi col sorriso beffardo dicendomi: più impegno, più impegno quando mi meni. Le stesse mani che mi hanno scosso, svegliato e risollevato mille volte nella vita.

 

Infine un ricordo recente. I lunghi giorni in ospedale. Io, Francesca, Silvia ed Erica, e tua madre, tua sorella e chi ti ha amato e vegliato fino all’ultimo respiro. Ci sei Tu che dispensi consigli di abbigliamento, ti preoccupi di come stiamo, ti assicuri che ci prenderemo cura di noi, vuoi sapere cosa succede fuori da li, quali progetti abbiamo, sogni un weekend tutti insieme a Lisbona o Madrid, ti lamenti del cibo e del pigiama che abbiamo sbagliato a portarti, alzi di nuovo il sopracciglio perché le cose non stanno andando come vuoi. Poi ti godi un massaggio e anche il manicure, che sei stata sempre bellissima, precisa, in ordine. Ma le cose no, non stanno andando come vuoi e questo ti scoccia. Parecchio. E noi ti osserviamo spaventate e commosse, onorate di esserti amiche, col cuore che si sbriciola, perdendoci nei tuoi occhi infiniti che scivolano via.

 

Volevamo camminare ancora con te. Al ritmo veloce delle tue gambe infinite, guardando quei tuoi occhi capaci di guardare dritto negli occhi degli altri. Ci mancherà il tuo cuore pulito e capace di amare e moltiplicarsi per tutti. Ci mancherà la tua bocca polemica e sincera, capace di aprirsi in meravigliosi sorrisi e chiamare le cose col loro nome. Ci mancheranno i tuoi pensieri acuti e veloci, mai banali, pensieri curiosi del mondo e degli esseri umani, pensieri affamati di novità, pieni di progetti da portare ostinatamente avanti. Ci mancherà il tuo coraggio e amore per la vita, che hai onorato fino in fondo. Tutto questo ci mancherà ma non è perso, perché con te se ne va una parte di noi, ma dentro di noi resta un’enorme parte di te. Sei morta troppo presto, ma hai vissuto cen’anni.

 

Un ultima cosa amica mia sorella di una vita. Ti prometto che starò accanto a tua madre e tua sorella, che sono la mia seconda famiglia. E ogni volta che lo vorranno ci sarò per i tuoi figli serbando per loro ogni ricordo di te, che sei stata una madre sempre presente e stracolma di amore, che sempre li hai messi davanti a te stessa. E ci sarò per chi ti ha saputo amare attimo dopo attimo senza mai allontanarsi da quel tuo letto d’ospedale, prendendosi cura di te con coraggio fermo e un amore che non avevo mai visto, un’ amore che ti ha risarcito di tante ferite, un amore che ti meriti i fino all’ultima goccia. Perché amore hai seminato senza riserve.

 

Mi mancherai profondamente, ma da oggi guarderò il mondo anche con i tuoi occhi. Stai tranquilla tesoro bello, ad aspettarti troverai la mia mamma pronta a coccolarti e riempirti di baci. Buon viaggio, Gabriela. E che questa tua impalpabile nuova esperienza ti sia lieve.

 

Tua Saida

Tesoro nostro

Stamattina saremo tutti lì a salutarti. C’è il sole, l’aria è fresca, il cielo è azzurro.

Ci stringeremo in un cerchio forte, di affetto e vicinanza.

Tu volerai leggera lasciandoci il tuo sguardo, il tuo sorriso, la tua energia.

Ci sarai sempre e per sempre. Sei il nostro tesoro.

Tua Silvia