Una candelina angioletto per me, è anche per te.

Sono giorni di ricordi, sono giorni di emozioni, sono giorni.

E oggi è il giorno del tuo saluto. Due anni fa, due minuti fa, due secoli fa, due istanti fa.

Il tempo fa, aiuta ad attraversare, a ricordare, a sedimentate l’affetto. Ma il tempo non c’è, non è passato il tempo della presenza. Anche se non ci sei. Ma ci sei.

Ho acceso la candelina angioletto, la dolce fanciulla l’ha regalata a me, l’ho dedicata a te.

Ciao sorella, ciao amica, ciao compagna.

Con il bene che ti voglio.

Tua Silvia

Quante cose mi hai insegnato tesoro

Non basterebbero gli spazi per raccontare quante cose ho imparato tesoro.

Da quei mesi, insieme, rapidi e lunghissimi, intensi e bruttissimi, dolorosi e colmi di amore.

Dalla nostalgia e dal dolore che per tanto tempo mi hanno accompagnata.

Dalle riflessioni che tutto quello che ho visto, vissuto con te, mi hanno fatto sbocciate dentro come fiori sempre aperti. So di più della vita, della sofferenza, della mancanza, dell’amicizia, del dolore, del pensare al bene dell’altro più che al proprio.

So più per l’esperienza, so di più con il cuore, so ancor più che amo l’essere umano e la profondità che lo caratterizza. Ti penso, sei nel mio cuore amica mia, con riconoscenza e amore.

Tua Silvia

La vita senza. E un telefono che non squilla.

È arrivato il momento amica mia, sono settimane, mesi che voglio scriverti ma stasera lo faccio. Lo sto facendo. Lo faccio, sì che lo faccio.

Sempre più spesso alla sera mi viene da telefonarti, dura una frazione di secondo, il lampo di un desiderio irrealizzabile, l’attimo di un’abitudine che pensavo si dissolvesse col tempo. Invece si fa sempre più persistente, più impellente, non passa, non va via. Aumenta, ritorna. La tua mancanza, che doveva assopirsi col tempo e nel tempo, si fa più urlante, acuta, si fa presenza ingombrante e dolce.

Ti ho sognato. Un sogno pazzesco, senza eguali per me. Salivi le scale di casa mia, andavi verso la camera delle mie figlie. Io da sotto ti osservavo salire, eri di schiena. E sapevo che eri morta, sapevo che gli altri sapevano, sapevo che solo io avrei potuto parlare con te passando per malinconica visionaria. Quando ti sei voltata a guardarmi, tu in alto, io in basso, come sempre, ho sentito un tuffo al cuore. Eri morta eppure eri davanti a me. Mi hai fatto un sorriso appena accennato, alzando il sopracciglio. Eri tu, e sapevi di essere morta. Ti ho seguito fin su e ci siamo sdraiate una accanto all’altra a cavallo dei due letti delle bimbe, sorelle loro sorelle noi. Eri stanca e io tremante. Forse mi hai parlato e forse ti ho parlato, non ricordo. Poi mi sono svegliata

Ti ho incontrato nei sogni. E c’eri per davvero.

Manchi sempre più.

Sai, si stanno realizzando tutte quelle cose della vita che avevamo pensato e sognato insieme, tutti i fatti faticosi, faticosi fatti, per cui ci siamo arrovellate, parlate, ascoltate, tutte le gioie e le soddisfazioni, tutte le paure e i presagi. Tutto arriva, tutto si fa concreto. E io mi sento monca. Mi sono separata tanto tempo fa ormai e sto crescendo le mie figlie, figlie dell’amore e  dei turni, senza te e i tuoi figli accanto. Dovevamo condividere weekend da mamme separate e weekend da donne senza figli, dovevamo progettare vacanze nido e vacanze libertà. E invece vado avanti senza te.

Non da sola, mi hai lasciato molti affetti in eredità, ogni giorno ti sono grata tra la meraviglia e la dolcezza per tutti gli affetti e le occasioni che mi hai lasciato in eredità.

Ma vado avanti senza te. Dovevamo brindare a nuovi lavori e condividere punti di vista, supervisioni, progetti insieme. Invece vado avanti da sola, con altre splendide donne ma senza te. Dovevamo dovevamo dovevamo. Invece no.

Attorno a me la gente giovane si ammala e spesso muore, molto moltissimo si ammala e chissà… E io che non avevo mai pensato alla morte frettolosa ora tremo allo specchio. Non posso, non posso, non posso. Ho figlie troppo piccole, come i figli tuoi. Io non posso. Non voglio. Mi sto dicendo che tremare non serve a nulla, serve vivere pensando di vivere. E stop. Eppure la mia vita, la mia percezione della vita, del corpo, dei sogni, degli alberi, del vento, dei figli, la mia percezione di tutto è cambiata.

Mi  hai reso vecchia amica mia.

Sono passati quasi due anni tesoro, ma a me sembra di aver vissuto vent’anni in un secondo. Vent’anni di esperienze dure e bellissime, vent’anni di dolore e soddisfazioni, vent’anni di esperienza condensati in un respiro. Il tuo, che non c’è più, e il mio, che mangia aria e sigarette cercando di seminare vent’anni in un secondo, lasciare piccole tracce a chi amo, esserci sempre e per sempre. È un’ossessione la mia, me ne rendo perfettamente conto. Ma che ci posso fare se ho sfiorato la morte quando non me l’aspettavo? E che posso farci se lei continua a sfiorare me?

E io che faccio? Vado avanti a testa bassa, stringo i denti e un po’ tocco ferro, cerco di non disperdere le occasioni. Il tempo è prezioso, lo dedico con tutta me stessa alle mie figlie, cerco di non sprecare attimi in cose inutili, mi ostino a coltivare la presenza e la qualità. E cerco di darla, questa presenza buona, a tutte le persone che amo, che siano amore, affetto immenso o amicizia.

Mi sento affaticata amica mia. E spaventata, amica mia. E affannata. E felice di essere qui, in questo mondo. Io si, io ancora.

E tu sei con me, silenziosa, con uno sguardo, con una parola, sei con me con il tuo aiuto costante, i tuoi consigli. E a volte discutiamo, litighiamo, ti mando a quel paese e tu ci mandi me.

Eppure…

Eppure non è giusto, non va bene. Dovevamo condividere la vita nuova, invece no. Dovevamo condividere le vacanze, invece no. Dovevamo condividere ancora risate, pianti, consigli e chiacchire. Litigi e discussioni. Invece no, invece marcio da sola. Circondata da un mare di amore e persone speciali, donne e uomini. Riscopro l’anima di chi ho lasciato e di chi ho considerato nemico, riscopro le mie debolezze e le mie forze. Mi metto in discussione e capisco i miei errori. Cresco. Vivo. Ma marcio senza te. Da sola.

E ora che avrei avuto il tempo di stare ore al telefono con te, tu non rispondi. E non posso nemmeno lasciarti un messaggio.

O forse sì…

Ci sentiamo domani. O quando puoi.

Saida o Afrodite

 

Uè fanciulla

Sai, bellezza, che non riesco ad abituarmi a che non ci sei.
Lo so eh che te ne sei andata, ma non diventa mai un pensiero immediato.
Oggi, in riunione, facevamo la programmazione per l’anno prossimo e, in qualche momento mi veniva da pensare “e Gabri cosa farà?”, “adesso arriverà”, “è’ in ritardo, strano. Solitamente è sempre puntuale..”.
E poi oggi mi arriva un messaggio di Ale, una vignetta simpaticissima sulla psicoterapia, mi dice che l’avrebbe mandato anche a te…
E allora penso che non sono l’unica a non abituarmi.

Però ci sei sempre tesoro, nel mio cuore, nei miei pensieri. Ci sei.
Ciao bella fanciulla.
Tua Silvia

Ehi ciao!

Ehi ciao ragazza!
già, perché tu rimarrai sempre giovane e noi invecchieremo….forse…

C’eri anche tu eh venerdì scorso?! Ce ne siamo accorte tutte, anche chi non ti conosceva.
Ci guardavi sorridente e controllante: “questo sì, brave così, però ce la fanno bene anche senza di me ste due s……”.
Hai visto che magnifiche donne! Hai sentito che potenza! Che forza!

Grazie tesoro grande, mia amata amica. Ci hai permesso anche questa esperienza.
E grazie per avermi lasciato in dono anche la stupenda Afrodite. Che regalo mi hai fatto!
Ci sei, sempre.
Con il bene che ti voglio.
Tua Silvia

Una canzone per te, per tutti

Sai tesoro, c’è il Festival di Sanremo. Non è che sia una notizia. Te lo perdi quest’anno e te lo sei persa l’anno scorso. E potrei giurare che tu non l’abbia mai visto. Ma c’è una canzone, quest’anno, di Fiorella Mannoia, che se tu l’avessi sentita, ecco, quel testo l’avresti voluto far ascoltare a tutte le persone che ti sono care. Lo facevi con “La cura” di Battiato. Credo che questo testo l’avresti letto ad alta voce a tutti. Forse l’avresti anche stampato e appeso allo specchio del tuo bagno. Ecco, lo condivido io. Anche per te. Ti voglio bene.

Tua Saida

Ho sbagliato tante volte nella vita
Chissà quante volte ancora sbaglierò
In questa piccola parentesi infinita quante volte ho chiesto scusa e quante no.
È una corsa che decide la sua meta quanti ricordi che si lasciano per strada
Quante volte ho rovesciato la clessidra
Questo tempo non è sabbia ma è la vita che passa che passa.
Che sia benedetta
Per quanto assurda e complessa ci sembri la vita è perfetta
Per quanto sembri incoerente e testarda se cadi ti aspetta
Siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta
Tenersela stretta
Siamo eterno siamo passi siamo storie
Siamo figli della nostra verità
E se è vero che c’è un Dio e non ci abbandona
Che sia fatta adesso la sua volontà
In questo traffico di sguardi senza meta
In quei sorrisi spenti per la strada
Quante volte condanniamo questa vita
Illudendoci d’averla già capita
Non basta non basta
Che sia benedetta
Per quanto assurda e complessa ci sembri la vita è perfetta
Per quanto sembri incoerente e testarda se cadi ti aspetta
Siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta a tenersela stretta
A chi trova se stesso nel proprio coraggio
A chi nasce ogni giorno e comincia il suo viaggio
A chi lotta da sempre e sopporta il dolore
Qui nessuno è diverso nessuno è migliore.
A chi ha perso tutto e riparte da zero perché niente finisce quando vivi davvero
A chi resta da solo abbracciato al silenzio
A chi dona l’amore che ha dentro
Che sia benedetta
Per quanto assurda e complessa ci sembri la vita è perfetta
Per quanto sembri incoerente e testarda se cadi ti aspetta
E siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta
A tenersela stretta
Che sia benedetta

Un anno senza te

Finalmente anche io trovo le parole per incontrarti. Oggi. Parole che mi vengono spesso, ma oggi no, oggi non venivano. Eccomi qui, di nuovo, a parlare con te, che tra poche ore, un anno fa, te ne andavi altrove. Che tra poche ore, un anno fa, ci mettevi davanti alla vita. Che con la tua morte, ci hai costretti tutti davanti a uno specchio. Tante cose sono cambiate in un anno, soprattutto è cambiato il modo in cui guardo a te, il modo in cui ti vedo, in cui ripercorro la nostra vita a due, le nostre dinamiche, i nostri errori e le nostre forze. E’ cambiato il modo in cui ti parlo. E anche le risposte che mi dai sono cambiate.

A volte la distanza serve a conoscersi meglio, sai?

Sei cambiata tanto in questo anno, sai amica? Finalmente sono riuscita a conoscerti meglio, a vedere quello che non volevi mostrare, a capire le tue sofferenze, le tue paure, le tue fragilità, le tue durezze.

Ho capito dove hai bluffato e, soprattutto, ho capito cosa ti è mancato. E quanto ti è mancato, gioia mia.

E’ tutto molto strano per me: finché eri qua in carne e ossa, con la tua sicurezza, la tua dolcezza, la tua fermezza, il tuo altruismo, non ti vedevo. Io non ti vedevo. Io non ti ho vista. IO NON TI HO VISTA. TI VEDO SOLO ORA. E ti voglio ancora più bene. Ma sono anche un po’ incazzata. Forse. Forse solo dispiaciuta senza fine.

  • Ma cosa stai dicendo, tatina? Non è vero che non mi vedevi, che non mi hai visto! Anzi, ci sei sempre stata…
  • Non è vero.
  • Ma come non è vero? Ma che cazzo dici?!
  • Non è vero, ma non è colpa mia. Ci ho messo un anno a capirlo, che non è colpa mia, intendo.
  • Ah. Capisco… Ora devo volare nel vento e tu devi cucinare la cena…
  • No, tu non voli da nessuna parte e mi ascolti. Oggi mi ascolti e non scappi. L’ultima volta che sei scappata hai combinato un gran casino sai? Siamo ancora tutti ammaccati, tristi, sconvolti, impauriti. Sta volta mi ascolti e basta.
  • …Cioè?…
  • Sei stata tu a nasconderti, a girare la frittata, a farti vedere molto più forte di quello che eri, a glissare quando un argomento non ti andava a genio. Alzavi quel cazzo di sopracciglio e cambiavi argomento. Mettevi un muro. Invalicabile. Ti facevi vedere forte e, a volte, ti facevi vedere vittima. Più vittima di quanto non fossi. E mi hai abbindolato sai? A volte ho creduto che tu avessi tutte le ragioni del mondo. Ma non è così.
  • Ti sto ascoltando. Ma vittima io mai.
  • Non alzare il sopracciglio, cazzo.
  • Mihiiii… Che peso eh!
  • Ascoltami, questa volta e poi basta ma ascoltami. Ci ho messo un anno a capire. Ho capito che è vero che tu sei la persona speciale, unica, bellissima della mia vita e della vita di molti altri. Ma mi hai, ci hai, preso in giro: potevi farti aiutare di più, potevi chiedere più aiuto, potevi piangere di più, potevi mollare la corazza e farti abbracciare. E invece hai sempre dato, abbracciato, sorretto tu, passando per quella che non aveva bisogno. Hai stretto la mascella. E combattuto guerre che potevi non combattere con tutta quella durezza. Se te lo si diceva, ti irritavi e chiudevi la porta. Andavi avanti a testa bassa. Come un toro incazzato. E io vedevo una donna fortissima, per me eri una roccia, la mia roccia, il mio riferimento. Ma l’hai pagata tu, sulla tua pelle. Hai pagato la tua fragilità travestendoti da leone. Hai rinunciato ad abbracci mostrando gli artigli. E io non ho potuto fare nulla per starti accanto. Starti accanto DAVVERO.

Un gattino bagnato che fa il leone, una donna ferita che si trasforma in un supereroe che salva il mondo. Che non ha bisogno di niente. E lo hai fatto anche bene. Ci hai donato tutto il bello di questo mondo. Tutto il bello e il vero dell’amicizia, del supporto. Ci hai sostenuto, contenuto, consigliato. Ci hai spronato. Ci hai dato la forza e il coraggio. Ci hai insegnato a non avere paura della vita. Ma tu? Tu non ti sei mai lasciata conoscere fino in fondo. Raramente hai mostrato la tua pelle scoperta. E invece avremmo tutti potuto curare le tue ferite. E invece. Invece no.

  • Ora ti vedo anche fragile, confusa, spaventata, furba nel tuo nasconderti dietro a una forza magnifica che però ti è costata troppo. Cazzo.
  • Mi dispiace.
  • Anche a me. Mi hai mollato qui e te ne sei andata via per sempre. Mi tocca scriverti per parlare un po’ con te. Ti rendi conto?! Mi tocca parlarti col pensiero ogni minuto, e tutte le cose che ho capito, tutto quel cazzo che potrei fare ora per starti accanto, non posso più farlo. Sei una STRONZA. Solo senza te accanto sono riuscita a vederti. Mi manchi, cazzo. Mi manchi! Ma non perché ho bisogno di te, mi manchi perché non posso più aiutarti. Mi manchi perché non posso più litigare con te. e poi fare pace. Ho capito tante cose in questo anno pazzesco. Tra queste anche che sono più forte io. PIU’ FORTE DI TE. Hai capito che cosa surreale? Io più forte di te! Fa ridere, fa riderissimo: io, quella che al primo starnuto tu correvi, quella che tu menavi e piegavi a terra con una chiave articolare, quella che le lacrime sono gratis e piange sempre. Io sono più forte di te. Una risata galattica. Ma che me ne faccio di questa forza se non posso più aiutarti, se non posso più dirti che a volte hai sbagliato, che non sempre le cose stanno come le vedi tu?!
  • Io l’ho sempre saputo. Tu sei sempre stata più forte di me. 
  • Io invece non l’ho mai pensato nemmeno per un attimo. Ho sempre creduto che la più forte fossi tu. Tu il mio sostegno, tu la mia guida. E lo sei stata eccome, senza te non ce l’avrei fatta! SENZA TE NON SAREI QUELLO CHE SONO. Ma non ti ho aiutato come avrei dovuto, anche prendendoti a sberloni IO, ogni tanto. Non, sempre, il contrario. Eri la mia guida… Cazzo eri il mio faro. Ma non vedevo te. ERI IL MIO FARO MA IO NON VEDEVO TE.
  • Tesorino, Saida, tesoro mio…
  • Stronza.
  • Pure tu però a parlarmi così, davanti a tutti. Mo’ basta eh. Calmati, ragiona: va tutto bene. Io qui dove sono sto bene. Sono in pace. I miei bimbi hanno un papà bravissimo. E io li vedo crescere sereni e circondati da amore. L’amore si è moltiplicato. Mi manca solo toccarli la sera, ma li sfioro con il vento. Il resto non importa. Sono serena. Finalmente.
  • E’ questo finalmente che un po’ mi fa girare il culo. Potevi esserlo prima. Ma potevi esserlo prima?
  • Ecco, appunto. Potevo esserlo prima? Chissà…
  • Già, chissà… Senti, tra poco è l’ora. Tra poco un anno fa te ne sei andata. Ma sta cosa volevo dirtela. Scusami se mi sono sfogata.
  • Hai fatto bene. Ti voglio bene.
  • Anche io ti voglio bene Ga, ora ancora più di prima. E niente… Ti scriverò.
  • Cosa prepari per cena?
  • Avocado e uova all’occhio di bue, non ho altro in casa.
  • Sai una cosa? Qua finalmente mangio benissimo e non devo nemmeno cucinare! Mangio nuvole, sorrisi, voci, sole, vento, abbracci, fiori, mare, onde, pioggia, prati, rugiada, giochi, risate, corse, sguardi… sono così serena…
  • Ti voglio un bene che crescerà ogni giorno, Gabriela. Non smetterò mai di parlare con te. Anche quando mi farai incazzare.
  • Lo so, abbi cura di te.

E così, tra qualche ora, te ne andrai. Di nuovo. Ci aspetta un nuovo anno insieme. Chissà come sarà. Sei nel mio cuore. Questa volta so che sarà per sempre. E sempre più intenso. Buon vento, gioia mia. Oggi va così.

Tua Saida

Tra poche ore, oggi, un anno fa

Quasi oggi, tra poche ore, un anno fa.
Te ne sei andata, il tuo corpo si è addormentato, per sempre.
Il tuo cuore ha smesso si battere, il tuo respiro si è interrotto, le tue manone ferme.
Che giorno atroce, quasi oggi, un anno fa.

Quante immagini, quante situazioni, quante emozioni, un’infinità di ricordi,
tanti giorni prima, mesi prima di quasi oggi, un giorno fa.
Solo qualche giorno prima chiacchieravamo ancora,
parlavamo di tutto, ridevamo.

E poi quell’abbraccio, sai quante volte ho ripensato a quel momento.
Ti avevo portato un regalo, l’hai guardato, buttato da parte e
e mi hai avvicinata a te con forza.
Ci siamo avvinghiate, non era una abbraccio, era una presa, un gancio.
Era stretto, pieno di affetto, di riconoscenza.
E’ stato il nostro saluto, senza parole.

Quanto mi manchi tesoro bello.
Quante cose avrei voluto fare ancora con te.
E quanti doni mi hai lasciato.
Delle amiche, divine, meravigliose.
La tua mamma, che volteggia e riesce ancora a sorridere, a volte.
Un’esperienza che mi ha cambiata, portata ancor più nella profondità.
Un ulteriore amore per la vita e per il presente.
E la necessaria capacità di lasciar andare, mi hai permesso di impararlo, si.
Ti sono grata, amica mia.

Tutto il mondo deve sapere, tutti dobbiamo ricordare che
tra poche ore, quasi oggi, un anno fa
te ne sei andata, il tuo corpo si è addormentato, per sempre.

Oggi, tra poche ore, è il tuo giorno, tesoro bello.
Il mio pensiero sarà rivolto a te, con il dolore della mancanza e con la gioia della tua presenza che hai lasciato in ogni dove e, soprattutto, dentro il cuore di noi che ti amiamo.

Tua Silvia

Il Natale che avrò mi basterà

Potrebbe essere un Natale triste, anzi pessimo. Ma non lo sarà. Potrebbe essere un Natale fatto di ricordi di affetti perduti, ma non lo sarà. Potrebbe essere un Natale che per me, come per molti nel mondo, immagino, significhi ripercorrere con la memoria chi non c’è più attorno ai fornelli e alla tavola imbandita , assente perché adesso sta come te tra le rose o per le scelte della vita.

I giorni appena trascorsi hanno voluto mettere alla prova la mia gioia e il mio ottimismo. E così ecco immagini che si rincorrono mentre accendo il camino o faccio la spesa.

C’è quello che non è più mio marito, che mi aiuta ad apparecchiare una tavola per quattro, sforzandosi con me di farla apparire sontuosa e allegra. C’è mia madre, elegantissima e insicura sulle sue gambe fragili di donna abituata ad andare in taxi, che seduta sulla poltrona migliore contempla i risultati degli addobbi, ansiosa di iniziare dalle tartine al caviale. C’è mia nonna, disorientata ma sempre allegra, che manda gridolini di felicità e si commuove. E c’è mio padre, sempre di fretta da una famiglia all’altra, che rispetta però le feste con tutti e ne moltiplica i giorni. E poi, lontano nei ricordi, c’è mio nonno, così serio e convinto, l’unico che a tavola prega, che gli altri sono atei o mezzi ebrei. E infine, sopra tutti, ci sei tu, tu di quando eravamo figlie di famiglie separate, tu con le tue donne, tua madre, tua sorella, tua nonna, attorno a un tavolo rotondo enorme, sedute con noi donne, mia madre, mia nonna ed io. Ed era il natale delle famiglie reinventate, femmine allegre che brindano, ridono, cantano, cucinano senza lasciarsi abbattere dalle strade della vita. Noi, io e te, le cucciole di famiglia, anche a 25 anni. Noi che intratteniamo le nonne e le madri, con tua sorella che osserva divertita. Noi, che non è Natale se non stiamo tutte insieme. Noi, arrabbiate, bocciate, contestatrici, ribelli, che la cosa più dolce del mondo è fare tutte famiglia insieme. Noi che ti penso da giorni e mi manchi più che mai, che ti sento parlare e ridere, che ti sento contestare regole e riti, che ti sento così dentro e così fuori da me. Noi che sono sono rimasta soltanto io. Noi che eravamo Natale insieme.

Questo Natale no.
Questo Natale, nulla. Di questo, nulla.
Uno alla volta, per diverse ragioni, siete spariti tutti.

Nessuno di tutti voi attorno alla mia tavola.

Eppure…

Ieri mi ha chiamato Persefone, che sa andare nel profondo con la leggerezza di un dipinto ad acquerello e riemergere con parole senza perdere il rigore del pennello. Mi ha chiamato con la sua voce rotonda e dolorosa, la sua voce bella e vagamente roca. E, molto seriamente, mi ha restituito il Natale.

Ci ostiniamo a vedere quello che ci manca – ha detto – e perdiamo di vista quello che abbiamo…

Allora ecco, io ho molto. Ho pochi amiche e amici veri, e questa è ricchezza, perché i diamanti purissimi sono pochi ma valgono un tesoro. Ho un amore in tutte le sue forme di dolcezza, allegria, devozione, accoglienza, rispetto, crescita, comprensione, complicità, confronto, scontro, leggerezza e profondità. Ho un padre e la sua inesauribile moglie, che riescono a trasformare in festa anche una colazione del mattino. E una sorella, che corre, corre, corre da sua madre, da nostro padre, a destra e a manca ma non si scorda mai di nessuno. Ho poi una vita in cui due persone che si sono molto amate hanno costruito una famiglia, non perfetta, non solida, ma piena di speranze autentiche ed errori umani. Ci abbiamo messo il peggio e il meglio di noi e se è fallita non vuol dire che non mi abbia dato e lasciato in dono l’esperienza più intensa della mia vita. E ho, prima di tutto, due bambine magnifiche, che mi insegnano ogni giorno la complessa leggerezza della vita, mi insegnano il calore e le risate, la pazienza e la comprensione, la compassione e il litigio, l’amore senza riserve.

Ecco, attorno alla mia tavola, stasera, nell’attesa del Natale, saremo noi tre, io e le mie figlie. Non dieci, non quattro: solo tre. E mi sto inventando un nuovo modo di fare famiglia, cucinando assieme, rilassandoci, ridendo, apparecchiando solo per noi una tavola bella e fatta con cura. E credo tutto questo sia un buon insegnamento per me, una ricchezza in più.

Domani poi sarà Natale, e ci stiamo inventando da giorni un Natale in quattro, nuovo, diverso, insieme. Con un papà, una mamma, due figlie entusiaste e aperte alle nuove forme della vita.

Dopodomani, non so gli altri, ma per me…sarà ancora Natale, con mio padre e tutta quella parte di famiglia che continua ad esserci, sempre. Prendendo le forme fantasiose che servono in ogni diverso momento. E prima ancora sarà pranzo con le amiche di una vita, e tutti i figli che abbiamo messo al mondo insieme, messi in scala d’altezza, da chi quasi ha la patente a chi da poco sa leggere. Sarà semplice, sarà caldo.

Ecco cosa ho, ho affetti in diverso equilibrio, ho amore in diversa forma, ho amicizia in luoghi lontani ma vicini al mio cuore. Chi sta a Milano, chi non sta più qui, chi sta lontano, chi sta tra le rose.

Non mi mancherai, dunque, perché sarai con me. E non penso che là dove sei proverai tristezza o mancanza, piuttosto saggia e illuminata completezza.
Buon Natale tesoro mio. E che sia un Natale di pace, una Natale di ringraziamento, una festa del cuore. Ma davvero.

Afrodite, Saida