“Non è che per caso vorresti un bacio?” Tu uomo, lei divina, tu maschio divino.

Entro nella tua stanza, ieri abbiamo chiacchierato, parlato di questioni importanti, abbiamo pianto insieme, ci siamo abbracciate. Eravamo tutte e quattro lì con te, c’era anche la tua mamma, tua sorella, sono venuti i tuoi bimbi, il tuo ex marito e poi c’era LUI, LUI c’è sempre. Ci ha lasciato lo spazio per salutarti, siamo entrate ad una ad una. LUI c’era, lui c’è sempre.

Oggi sono tornata, la tua presenza non c’era più, il tuo occhio era chiuso o all’interno, volevo urlare “noooooo, cazzo, nooooo, volevo dirti ancora delle cose, volevo chiederti dell’altro. Tesoro noooo”. Non ho fatto nulla di tutto questo, ho sfoderato un gran sorriso e sono entrata, c’era anche LUI, LUI c’è sempre. Mi saluta con affetto e con un sorriso. E’ sempre affaccendato, sistema, aggiusta, aggiunge, toglie, normalizza. Mi aggiorna.

“Amore, vuoi stare seduta? Tu fai un piccolo cenno con la testa”. Si avvicina. “mettimi le braccia intorno al collo” prende le tue braccia, tu un poco stringi, lui ti siede sul letto, stai diritta come un baccalà, ti appoggi a lui. Siete seduti sul letto, lui ti abbraccia da dietro, guardate fuori dalla finestra, come se ci fosse un tramonto da ammirare. Lui si gira, ti guarda “come sei bella”.

Io sto in un angolo, vi vedo di spalle, quasi non respiro per non disturbare, sono pronta a rispondere ai comandi… il tubo da spostare, il bicchiere da passare, il letto da sistemare.

Sei seduta, lui pensa che tu voglia bere, mi fa cenno, gli passo il bicchiere, ti fa dare qualche sorso, via il bicchiere. “Vuoi rimetterti sdraiata?”, piccolo cenno della testa. “Allora facciamo come prima eh, ti sdrai e al mio tre ti spingi con i piedi e ti metti bene sul cuscino”. Ti sdraia e con la forza di un maschio, ti mette bene, bene sul cuscino, sorride dolcemente “mi sono dimenticato di dirti uno, due, tre”.

Sistema le bottigliette d’acqua, avvicina la boccetta, cammina, fa, non perde di vista nessun particolare, sa cosa sta succedendo in ogni angolo della stanza. Poi si ferma, come se gli fosse venuta un’idea, si gira di scatto verso di te e ti dice “non è che per caso vorresti un bacio?”. Si avvicina, ti bacia.

Dolcezza, amore, dedizione, bellezza, delicatezza, semplicità, leggerezza, simpatia, immagini che mi accompagneranno per sempre.

Grazie UOMO, grazie divino maschio.

Ti sarò eternamente grata dell’amore che hai dato alla mia adorata amica e delle esperienze che mi hai permesso di vedere.

Tua Demetra

Alle sette di sera (e un minuto)

Alle sette di sera bevo bollicine. Bevo bollicine e accendo i fornelli. Mi vien quasi sempre da fare così alle sette di sera. Bollicine, sospiro, sorriso e fornelli.

Alle sette e un minuto, però, e per meno di mezzo minuto, accade una cosa. Improvvisa, traditrice, dolcissima. Accade da due anni e mezzo. Senza annunciarsi.

– Pronto mamma! Come stai? Sai cosa ho fatto oggi?

Alle sette di sera e un minuto e venti secondi il mio sguardo si incanta. Un dolore dolce e violento, tra il cuore e lo stomaco: che ti chiamo a fare mamma se non hai più un telefono, se non hai più una casa, un luogo, un corpo? Sei tra le rose. E lì ti penso. E lì ti racconto le cose.

A te, madre mia, io brindo. E ad Artemide, che tu hai amato come fosse tua figlia. E che guardi dal tuo cespuglio di rose gialle dicendo: ragazza, non mollare, combatti e scaccia il tuo male, non mollare, che noi donne c’abbiamo delle palle sotto che i tori se le scordano (mamma, te lo dico, sei sempre stata un po’ troppo sboccata…).

Alla nostra. Di tutte le donne. Prosit.

Tua Afrodite

Senza mutande

Esco dall’ospedale, prendo la metro, vado al parcheggio. Puzzo come un porco. Chissà se te ne sei accorda dal letto 45… Metto in moto, mi perdo in tangenziale. Non dovevo prendere la tangenziale, dovevo arrivare alla barriera dell’A7. Chissà se ti sei accorta che puzzavo dal letto 45… Guido, ritrovo la strada, arrivo in cascina. Un’ora e mezza, gli occhi che mi si chiudono. Chissà se dormi, ora… Entro in casa, mi infilo la camicia da notte alle 3 del pomeriggio, dormo due ore. Mi sveglio, mi infilo un vestito sul corpo nudo. Fa un caldo schifoso. Il vestito è al rovescio, io sono senza mutande… Vabbe’, non si vede e devo solo preparare la cena. Ceniamo. Sparecchio. Corro in bagno a fare una doccia.

Tolgo il vestito e mia figlia, quella sagace di 5 anni, mi dice guardandomi dall’alto del water dove è impegnata in una seduta intensa: “Ma mamma, tu vai sempre in giro senza mutande?”
No, tesoro, ho avuto una giornata un po’ cosi, ma ti giuro, ti giuro che di solito le metto.
È scettica ma indulgente.
Tira l’acqua e dice: “Quando sarò grande come te posso andare anch’io in giro senza mutande?”

No.
Si dai.
Ma valà.
Dai.
No.

Chissà se tu metti le mutande sotto il pigiama? Sai che non lo ricordo più. Chissà se stai dormendo… Io ora esco, ho le prove dello spettacolo. E domani altre prove. E tutta la vita prove, per la vita. Ma noi siamo qui, con te. Perché ci vuole fegato.
Tua Afrodite

Incipit – pensieri sparsi

Chiappe nel buio.
Ospedale. Nella penombra delle luci salva nanna, due chiappe saltellanti, di una certa prestanza. Vestitino bianco e carrellino della spesa… Forse no, non è il carrello della spesa… Fa lo stesso rumore… Reparto uomini? Donne? Reparto misto?! Misto. Vacca miseria, siamo avanti! Ma anche nelle camere? Ah, beh! No! Qui fanno ancora a stanze alterne.

Borsetta da disfare.
Borsetta da disfare. Mutanda da cambiare. Ago in vena. Sacche e bottigliette sospese nello spazio. Luce spenta.
Il dito su per il deretano non me lo aspettavo. In un attimo, zac! Ma questo accadeva tante ore fa.

Più della mamma.
Sguardo assorto nel nulla di tre magiche bowindows. Tra i grattacieli, Unicredit… E’ bene non dimenticare che a ogni minuto trascorso qui, il mio conto si può solo assottigliare. Tu non te lo immagineresti mai ma – è incredibile – puoi star certo che le banche sono sempre al tuo fianco, più della mamma.

Tumore a chi?!
Tumore a chi? Eh? A chi lo stai dicendo? Lo dici a me? Prova a ripeterlo? Dai! A chi?
Chi ha l’età per ricordarsi Scarface può già ritenersi fortunato di essere arrivato fin qui.

Al fegato.
Fegato???? Ma i miei bei calcoli e la mia bella e pingue cistifellea di ormai 15 centimetri non sono più di interesse? Stavamo parlando di quella fino a poche ore fa! Dai! Che cazzo dici? Ti sei bevuto il cervello? Tumore al fegato lo dici a tua sorella! Il mio poi è spaziale: non bevo, non fumo, mai avuta epatite in vita mia, ben 8 anni di astinenza sessuale fino a poco tempo fa! Donna santa purificata e sacra! Pronta per la beatificazione da un momento all’altro e tu mi dici tumore al fegato????? Mavaffan…

Occhi di ragazza.
Avevo un anno quando la cantava Morandi. La mia dirimpettaia ne ha 90. Di anni s’intende. Quattro operazioni per calcoli. Occhi di ragazza. E una parlantina come se quel poco tempo che le resta dovesse essere riempito al più presto di tutto quello che è mancato, c’è stato, è andato, non è andato… Non pulò fermarsi. Il mondo deve sentire, deve vedere. Adesso, subito! Dopo è tardi!
Fasi della vita. La mia e la sua.
Preoccupazioni a confronto.
Tumore vs lividi nel braccio per il prelievo.
Alterno tenerezza a profonda incazzatura!

Il dottore belloccio.
Oggi altro casting di Karl Lagerfield… Qualcuno deve averglielo detto… Che vitaccia!
Bello come il sole, pronto agli scatti e alla folla che lo acclama. Passo da pantera, occhi azzurro mare, fisico palestrato quanto basta… Che bel vedere!
Però…
Però.
Dottore!!! Dottore!!!! Siamo in Chirurgia!!!
Niente. Non mi sente… Riflettori, flash, rumore…
Mi fa un bell’occhiolino e se ne va.
Che bello! Che bel vedere, valà.
Già… Già… Eh già…Ma oggi chi cazzo mi dice come sto???

Vostra Artemide